Guida ragionata all’universo MRA

Jennifer Guerra
11 min readMay 19, 2020

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MRA è un acronimo che sta per Men’s Rights Activist (o Activism), cioè “attivista per i diritti maschili”. L’attivismo MRA nasce in risposta al femminismo della seconda ondata (quello degli anni Settanta), ma solo negli ultimi dieci anni ha assunto un’importanza cruciale nel dibattito culturale, specialmente negli Stati Uniti. Siccome anche in Italia questa ideologia è sempre più diffusa, conquistandosi molti spazi mainstream (specialmente su YouTube), credo sia giusto parlarne. Questo testo non vuole entrare nel merito delle teorie MRA, ma vuole analizzarne storia, diffusione e metodi.

Storia dei (proto)movimenti per i diritti maschili

Il sociologo Michael Messner ha ricostruito la storia di questi movimenti. Negli anni Settanta, il femminismo organizzò delle forme di resistenza alternative agli istituti governati storicamente dagli uomini – come lo Stato, l’economia o la medicina – creando consultori autogestiti, laboratori, gruppi di autocoscienza e mutuo aiuto. Sulla base di questa esperienza, nacquero anche alcuni gruppi di “coscienza” maschile, che si ponevano l’obiettivo di perseguire una liberazione simile a quella in atto per le donne. Tuttavia, sin da subito, questi gruppi si divisero sul tema della liberazione perché, pur riconoscendo l’oppressione vissuta delle donne, alcuni temevano che l’emancipazione femminile avrebbe finito col danneggiare gli uomini. In particolare, alcune frange pensavano che non esistesse alcuna differenza tra l’oppressione vissuta dagli uomini e dalle donne. Questi gruppi si definivano talvolta “antisessisti”. Alla fine degli anni Settanta, esistevano già anche gruppi dichiaratamente anti-femministi, ma che adottavano prospettive e linguaggi propri del femminismo:

“Le organizzazioni per i diritti maschili si allontanarono dalla simmetria di genere del movimento di liberazione e cominciarono ad articolare un discorso distinto di chiara e rabbiosa reazione anti-femminista. Alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli Ottanta, i promotori dei diritti maschili cominciarono a sostenere che gli uomini fossero le vere vittime della prostituzione, della pornografia, dei rituali del corteggiamento, delle convenzioni sessiste dei media, degli accordi di divorzio, della violenza sessuale e domestica” (Messner 2016)

Tra gli anni Ottanta e Novanta, il femminismo perse parte della sua risonanza come movimento e questo portò al rafforzamento dei movimenti anti-femministi. Secondo Messner, si verificarono altre tre condizioni:

  1. L’istituzionalizzazione e professionalizzazione del femminismo;
  2. La nascita della sensibilità culturale post-femminista;
  3. Un cambiamento della politica economica, in particolare la de-industrializzazione dei Paesi capitalisti e l’emersione di politiche neoliberali che hanno intaccato il sistema di welfare sociale e promosso l’individualismo e il primato del mercato.

Intorno agli anni Duemila, complice la presenza sempre più massiccia di forza lavoro femminile e di donne nelle istituzioni, i media hanno insistito sul concetto di “declino dell’uomo” e su una presunta “guerra al maschio”, concetti che hanno rafforzato i movimenti per i diritti maschili.

La nascita della maschiosfera

Lilly Wachowski, una delle due registe e creatrici di Matrix, commenta l’uso della metafora della “Red Pill”

Secondo Debbie Ging, il termine maschiosfera (manosphere) è comparso per la prima volta nel 2009 su Blogspot, ma è diventato popolare grazie al libro di Ian Ironwood The Manosphere: A New Hope for Masculinity nel 2013. Il termine è stato adottato per descrivere un fenomeno di cultura misogina online che ha però avuto delle gravi ripercussioni offline, come l’attentato di Isla Vista commesso da Elliot Rodger nel 2014, quello commesso all’Umpqua Community College in Oregon da Chris Harper-Mercer nel 2015 e il Gamergate.

Centrale alle politiche della maschiosfera è il concetto della “Red Pill”, un’analogia che deriva dal film del 1999 Matrix, in cui a Neo viene data la possibilità di scegliere tra due pillole. Prendere la pillola blu significa addormentarsi e vivere una vita di illusioni; prendere la pillola rossa significa venire illuminati circa una vita di amare verità. La filosofia della Red Pill si propone di risvegliare gli uomini dalla misandria e dal lavaggio del cervello del femminismo, ed è il concetto chiave che unisce tutte queste comunità (Ging 2017: 3)

La maschiosfera nasce soprattutto nelle community di Reddit, 4chan, 8chan e nelle piattaforme di online gaming, anche se oggi ha assunto un volto più mainstream diffondendosi anche su YouTube e Facebook.

Mascolinità egemone, tossica e ibrida

Spesso alla maschiosfera è stato correlato il concetto di “mascolinità tossica”, le cui origini però non sono chiare. Al termine “mascolinità tossica”, in accordo anche a quanto fatto da Debbie Ging, preferirò il termine di “mascolinità egemone”, coniato da Raewyn Connell (Connell 2005). Negli ultimi anni, si è molto dibattuto sul presunto declino della cosiddetta mascolinità egemone, in particolare osservando la maggior cura dell’aspetto estetico da parte degli uomini, i maggiori spazi di espressione delle emozioni, il calo degli episodi di omofobia. La mascolinità espressa dalla maschiosfera è molto particolare, perché allo stesso tempo ripudia e prende a riferimento gli elementi della mascolinità egemone o dell’ipermascolinità. Ad esempio, l’intelletto è ritenuta una qualità superiore rispetto alle emozioni, ma non lo sono la prestanza sessuale o sportiva: «Tuttavia, nonostante siano maschi bianchi e possiedano un capitale culturale significativo, [queste persone] si percepiscono come una categoria marginalizzata» (Ging 2017: 5). Per questo si parla anche di una “mascolinità ibrida”. In tutto questo, l’anonimato garantito dalla rete permette di trascendere i limiti fisici e il contesto socio-economico e favorisce espressioni di mascolinità ostile che non sono tollerate offline (come ad esempio le minacce di stupro, l’invio di materiale sessuale non consensuale ecc.).

I fondamenti teorici degli MRA

Paul Elam

Molti dei fondamenti teorici dell’attuale movimento MRA possono essere ricondotti al libro del 1993 The Myth of Male Power di Warren Farrell, in cui l’autore sostiene che gli uomini siano in realtà il genere oppresso e succube alle vere detentrici del potere, le donne attraenti (Poland 2016: 128). “Successore” ideale di Farrell è Paul Elam, fondatore di A Voice for Men, principale aggregatore MRA negli Stati Uniti. Uno dei temi su cui gli MRA hanno costruito la propria egemonia culturale è il tema del divorzio e della custodia dei figli. Questo tema è utile per capire il modo di pensare e argomentare del movimento MRA. Si tratta infatti di un problema reale –come molti di quelli individuati, anche se spesso ingigantiti – che ha una radice sessista (l’idea che le donne siano naturalmente più adatte ad accudire e crescere i figli, e che quindi per il benessere dei figli sia sempre meglio affidare a loro la custodia in caso di divorzio), che però non viene riconosciuta perché si preferisce una narrazione che incolpa le donne anziché riferirsi al contesto culturale in cui tali decisioni vengono prodotte.

Gli altri problemi frequentemente sollevati dagli MRA seguono un pattern simile: l’identificazione di un problema, seguita dal deliberato oscuramento delle sue vere cause, presentando informazioni distorte se non completamente false e ignorando la complessa rete di fattori in gioco nella realtà della situazione (Poland 2016: 132).

Altri temi tipici delle rivendicazioni MRA sono le false accuse di stupro e la violenza sessuale e domestica contro gli uomini. Tutti problemi validi e degni di attenzione, ma spesso affrontati incolpando genericamente “le femministe” anziché la cultura patriarcale da cui effettivamente scaturiscono.

Non tutte le realtà MRA vanno ricondotte alla maschiosfera e alla filosofia della Red Pill, sebbene vi siano culturalmente vicine. Esistono anche gruppi molto più “moderati” che non usano il linguaggio violento che contraddistingue la manosphere e che puntano a interloquire con le istituzioni e la politica, specialmente quelle a destra. Molte associazioni di padri separati ne sono un esempio. Il disegno di legge Pillon, sostenuto da molte associazioni di questo tipo, è nato da questi ambienti.

Possiamo quindi distinguere tre orientamenti all’interno dei movimenti MRA/della maschiosfera:

  1. Un orientamento che è convinto dell’inferiorità biologica della donna e che porta avanti discorsi misogini e violenti;
  2. Un orientamento che crede che gli uomini sono il genere realmente oppresso.
  3. Un orientamento che è convinto dell’esistenza di un “bisessismo” che colpisce in maniera identica donne e uomini;

Questi tre orientamenti possono essere molto diversi tra loro nei modi e nelle rivendicazioni, ma hanno parecchi tratti in comune, in particolare un profondo sentimento anti-femminista e un’idea binaria di mondo. Vediamoli ora meglio nel dettaglio uno a uno.

1. L’inferiorità biologica della donna

Secondo Debbie Ging, mentre i tradizionali movimenti di liberazione maschile si concentravano sul concetto di “ruolo sessuale”, «la maschiosfera è quasi esclusivamente dominata dalla psicologia evolutiva, che si basa fortemente sul determinismo genetico per spiegare i comportamenti maschili e femminili in relazione alla selezione sessuale» (Ging 2016: 12). Tali gruppi sono convinti che le donne siano per natura irrazionali e ipergame (cioè propense a intrecciare relazioni sessuali con più uomini) – in una parola zoccole – e che per questo motivo è compito degli uomini dominarle e sottometterle.

Come se non bastasse, questi concetti di biologia evolutiva sono stati pesantemente mascolinizzati e “nerdizzati” per dar vita a un particolare lessico misogino, eterosessista e razzista, che include termini come “cuck” (un uomo debole tradito dalla ragazza, specie con uomini neri), “negging” (fare complimenti ambigui a una donna per minarne l’autostima), “friendzoning” (rifiutare sessualmente un uomo perché è un amico), “going caveman” (dominare sessualmente una donna), “zero night stand” (fare sesso senza restare per la notte), “shit testing”, “the bitch shield” (la difesa delle donne contro attenzioni maschili non volute), e “pawning” (usare donne attraenti per dimostrare di avere un alto valore sul mercato sessuale) (Ging 2016: 12)

I discorsi di determinismo biologico non si applicano solo alle donne, ma anche agli stessi membri della comunità che tendono a categorizzarsi come “beta”, in contrapposizione al concetto di “maschio alpha”. Spesso, il tono di queste discussioni è estremamente violento, nell’ottica di una “vendetta” contro il genere femminile. Lo stupro viene normalizzato e accettato, se non addirittura rivendicato come diritto. Da questa cultura sono nati gravi episodi come l’attentato perpetrato da Elliot Rodger all’ University della California Santa Barbara, in cui 6 persone hanno perso la vita e altre 14 sono state ferite; il mass shooting dell’Umpqua Community College in Oregon in cui 9 persone sono state uccise dall’attentatore Chris Harper-Mercer; l’omicidio di Amber Lynn Coplin, le cui foto da morta sono finite su 4chan.

2. Gli uomini sono il genere realmente oppresso

Una vasta corrente del movimento MRA, pur non portando avanti discorsi esplicitamente misogini o violenti, crede che il genere maschile sia quello realmente oppresso. L’idea di fondo è che le donne, grazie al loro potere di seduzione, possano di fatto ottenere tutto quello che vogliono. Molti credono anche nelle teorie cospirazioniste secondo cui i dati sulla violenza di genere siano manipolati se non addirittura inventati. Un movimento cospicuo è quello dei Men Going Their Own Way (MGTOW), che Angela Nagle definisce «un gruppo di maschi etero separatisti che hanno scelto di evitare le relazioni romantiche con le donne come protesta nei confronti di una cultura distrutta dal femminismo, e di concentrarsi invece sugli obiettivi individuali e sull’indipendenza dalle donne» (Nagle 2017).

Questo orientamento si differenzia parzialmente dal primo tipo perché il discorso non poggia su basi biologiche, ma socio-economiche. C’è infatti la convinzione che la società sia in realtà misandrica (e non sessista) e che le vere privilegiate sotto ogni punto di vista siano le donne. C’è un particolare odio verso il femminismo, colpevole di essersi inventato il patriarcato per avvantaggiare ulteriormente il genere femminile. Anche in questo caso, però, si può parlare di filosofia della Red Pill: la reale e taciuta oppressione maschile è infatti una verità che viene rivelata.

È interessante notare come la questione economica sia centrale per chi sostiene queste teorie. L’idea è infatti che il privilegio delle donne sia soprattutto monetario: le donne si sposano per convenienza, divorziano per convenienza, si fanno offrire le cene, entrano gratis in discoteca ecc. Se prendiamo per valida la teoria di Michael Messner, l’ascesa del neoliberismo (quello che il sociologo ritiene essere il terzo fattore che ha contribuito all’espansione dei movimenti per la liberazione maschile) ha avuto un ruolo fondamentale: la crescente svalutazione del “maschio” inteso come “lavoratore”, colletto blu e membro della working class, e la progressiva finanziarizzazione dell’economia hanno contribuito alla perdita dell’egemonia sociale dell’uomo “comune” all’interno dell’istituzione della famiglia che riflette quanto succede nell’intera società.

3. Il bisessimo

Arriviamo all’orientamento più insidioso del movimento MRA, ovvero quello che sostiene che esista un “bisessismo” che opprime in egual modo maschi e femmine. Ho usato l’aggettivo “insidioso” perché questo orientamento ha due dispositivi retorici a suo favore che lo rendono molto appetibile e per certi versi ragionevole:

  1. L’effettiva correttezza e legittimità di alcune sue battaglie;
  2. L’uso sapiente di una “logica argomentativa” e dei dati.

Per quanto riguarda il primo dispositivo, bisogna riconoscere che alcune delle questioni sollevate da chi sostiene la teoria del “bisessimo” sono importanti e degne di attenzione, in primis il tema della violenza sugli uomini. Tuttavia, spesso questo argomento viene affrontato con una forzatura ideologica che vuole porre un non meglio specificato “sessismo” in una specie di etere senza condizionamenti. Come invece 300 anni di elaborazione filosofica e teorica femminista (e non solo) ci hanno ampiamente dimostrato, il sessismo opera grazie a un sistema socio-economico ben radicato, il patriarcato, che opprime donne e uomini. Il bisessismo invece rifiuta l’esistenza del patriarcato, opponendo l’idea che anche le donne hanno atteggiamenti e comportamenti sessisti che hanno per vittima gli uomini. In realtà, tali comportamenti possono benissimo essere inquadrati in un’ottica di interiorizzazione patriarcale (ad es., l’idea che gli uomini debbano rispondere a certi standard di mascolinità, e quelli che non lo fanno meritano la derisione o la violenza, ecc.). Il bisessismo quindi individua correttamente dei problemi, ma parte dalle premesse sbagliate. E quindi non può che giungere alle conclusioni sbagliate.

E qui veniamo al secondo dispositivo. Mentre i discorsi apertamente misogini della maschiosfera sono violenti e respingenti per la sensibilità comune (nonché autoreferenziali, e quindi difficilmente comprensibili), le idee genericamente antisessiste spesso vengono proposte con lunghe e ragionevoli argomentazioni, correlate di dati. L’apparente correttezza dei ragionamenti rende le idee sul bisessismo particolarmente appetibili a un pubblico amante dell’esposizione di fatti e logica. Infatti, spesso, queste persone accusano le femministe di fare discorsi ideologizzati, fregiandosi di portare avanti discorsi imparziali o “basati sui fatti”.

In realtà, osservando alcuni post e video dell’ambiente MRA, ho l’impressione che spesso il loro modo di ragionare parta da una visione impoverita di alcune analisi femministe, come la pervasività e l’imposizione dei ruoli di genere, ma poi anziché individuare il sistema in cui essi vengono prodotti, si punta il dito contro le femministe, colpevoli (a loro dire) di ostacolare la lotta per la parità in direzione ginocentrica. L’impressione, quindi, è che il vero nemico degli MRA non siano i ruoli di genere, ma il femminismo. Se non è una premessa ideologizzata questa.

Un ultimo elemento che accomuna tutti e tre gli orientamenti, ma che a mio parere è davvero assurdo nel contesto del bisessimo, è una visione estremamente binaria del mondo. Gli antisessisti infatti contestano l’idea che il genere sia un costrutto sociale, ritenendo che sia importante affermare un’idea naturale di “mascolinità” e “femminilità”. Ma è proprio l’assunto che esistano una mascolinità e una femminilità definite a creare l’oppressione. Senza contare che tale prospettiva cancella completamente l’esistenza di identità queer, trans* e non binarie che nella visione del mondo MRA trovano ben poco spazio.

*edit 19/05 ore 14:30: su quest’ultimo punto mi è fatto notare che secondo molti antisessisti il genere è un costrutto sociale e che nei movimenti MRA sono inclusi anche gli uomini trans. Dalle discussioni che mi è capitato di leggere in alcuni ambienti la mia impressione è diversa, o meglio, si tende spesso a rimarcare la differenza biologica tra uomo e donna. Immagino che su questo tema vi siano più posizioni, visto che si parla di un movimento estremamente eterogeneo.

Bibliografia

Connell, R., & Messerschmidt, J. (2005) Hegemonic Masculinity: Rethinking the Concept. Gender and Society, 19(6), 829–859. https://www.jstor.org/stable/27640853

Ging D. (2017) Alphas, Betas, and Incels: Theorizing the Masculinities of the Manosphere. Men and Masculinities I-20. DOI: 10.1177/1097184X17706401

Messner M.A. (2016) Forks in the Road of men’s gender politics: Men’s rights vs feminist allies. International Journal for Crime, Justice and Social Democracy 5(2): 6‐20. DOI: 10.5204/ijcjsd.v5i2.301.

Nagle A. (2017) Kill All Normies. Online Culture Wars From 4Chan and Tumblr to Trump and the Alt-Right, Zero Books

Poland, B. (2016) Haters: Harassment, Abuse, and Violence Online. Lincoln: University of Nebraska Press. www.jstor.org/stable/j.ctt1fq9wdp

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