Manuale di resistenza femminista al gendertrolling

Jennifer Guerra
10 min readApr 13, 2021

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Che cos’è il gendertrolling

Secondo Karla Mantilla, editor della rivista accademica Feminist Studies e autrice di Gendertrolling: How Misogyny Went Viral (2015), il gender trolling (d’ora in poi abbreviato in gt) è una particolare variante del trolling che, a differenza di quello “classico”, esprime anche le credenze e i valori di chi lo pratica. Le caratteristiche del gt sono:

  1. Partecipazione di molte persone all’attacco, spesso coordinato: “Il gt spesso comporta un’azione concertata o coordinata da parte di molti troll, a volte decine o persino centinaia, che schiacciano la vittima con una vasta quantità di attacchi, che arrivano a essere centinaia all’ora per un periodo prolungato di tempo”.
  2. Insulti basati sul genere: “Il gt prevede in maniera specifica insulti basati sul genere, incluso l’utilizzo diffuso di termini peggiorativi che sono rivolti in particolare alle donne («puttana», «troia», «zoccola») e commenti mirati a insultare e umiliare le donne, riguardanti specialmente il loro peso o aspetto fisico”.
  3. Linguaggio violento: “Il gt prevede un linguaggio particolarmente violento e spregevole e un intento che può essere ben descritto come «odio», incluse descrizioni di azioni violente che il troll — i gender troll sono quasi sempre maschi — dichiara di voler mettere in atto sul proprio bersaglio”.
  4. Minacce credibili: “Il gt implica una quantità significativa di minacce credibili: di stupro, di morte, di tortura, di doxing (diffusione di informazioni private), di rivelare gli indirizzi di casa o dell’ufficio dei loro bersagli, di far perdere loro il lavoro o di mettere in pericolo la loro sicurezza personale”.
  5. Durata, intensità e portata inusuale degli attacchi: “Il gt tende a durare nel tempo; molte donne sono state trollate o attaccate per anni. Anche se il trolling generico può essere estremamente crudele, l’attacco tende a limitarsi a insulti o attacchi su uno o due siti o social media. I gender troll, invece, perseguitano attivamente e accanitamente i loro bersagli su diverse piattaforme e persino nella vita reale, spesso prendendo di mira anche chi supporta la vittima o i suoi amici”.
  6. Reazione alle donne che si espongono su internet: “Infine, una caratteristica unica del gt è che quasi sempre si verifica in risposta alle donne che si espongono sul sessismo” (Mantilla 2013).

L’International Center for Research on Women ha coniato anche una definizione di Technology Facilitated Gender-Based Violence: “l’azione di una o più persone che nuocciono ad altre sulla base della loro identità sessuale o di genere o rafforzando norme di genere dannose. Questa azione è perpetrata tramite internet e/o tecnologie mobili, e include stalking, bullismo, molestie sessuali, discorsi d’odio e sfruttamento”.

L’Icrw stima che ad aver subìto un qualche tipo di violenza di genere facilitata dalla tecnologia sia il 73% delle donne a livello globale.

Secondo l’Eige (European Institute for Gender Equality) il 51% delle donne che hanno subìto questo tipo di violenza online preferisce non esprimere le proprie opinioni in rete, in particolare quelle politiche.

Le tipologie di gender trolling

The Terrible Sea Lion, il fumetto di David Malki che ha dato origine al termine “sealioning”

Sealioning

Come scrive Francesca Anelli su The Vision, il sealioning è “una ‘performance di ingenuità oppositiva e consapevole’, che combina domande insistenti, spesso relative a informazioni facilmente reperibili altrove o già condivise più volte dall’interlocutore, con la ricerca ostinata e molesta di instaurare un dibattito ‘costruttivo’ a prescindere dalla volontà di parteciparvi di chi si ha di fronte. L’obiettivo è drenare la pazienza e l’attenzione del bersaglio, facendolo poi passare per irragionevole e non aperto al dialogo”.

Esempi: “Mi forniresti delle prove a supporto di quello che dici?” (letteralmente il primo risultato su Google); “Potresti rispiegarmelo con altre parole?” (dopo aver già spiegato più volte la stessa cosa).

Debate me troll

Termine coniato dal giornalista Miles Klee, il “debate me troll” è colui che, gentilmente, invita l’interlocutrice a discutere le proprie posizioni con lui ma, come scrive Klee, in realtà quello che pensa è: “Io ho ragione, tu hai torto, e le tue opinioni valgono solo se sei disposta a difenderle contro di me, un genio dell’oggettività”. Di primo acchito, questo invito suggerisce che vi sia equivalenza fra le due parti, anche quando la persona che viene “sfidata” occupa una posizione di privilegio rispetto all’altra (ad esempio, è più conosciuta). Il diniego rappresenterebbe non la libertà di sostenere una posizione senza doverne rendere conto a un tizio a caso su Internet, ma la dimostrazione “a priori” che le sue opinioni sono fallaci.

Molto spesso, il “debate me troll” scrive volutamente affermazioni provocatorie (ma mai offensive) per indurre qualcuno ad “accettare la sfida”. Inizialmente si pone in modo gentile, ma di fronte a un rifiuto, diventa sempre più insistente e violento. Altre tattiche consistono nel condividere in continuazione post dell’interlocutrice, taggarla senza motivo o commentare con assiduità i suoi post, sperando di ottenere una reazione.

Esempi: “Se non vuoi discutere pubblicamente con me di questa cosa, significa che non sai quello che dici”; “Ciao, perché non vieni a discuterne con me e i miei amici in live su Twitch? Se credi in tanto in quello che dici, non vedo perché dovresti sottrarti al confronto!”.

Concern troll

Il concern troll è colui che nonostante sia dell’opinione opposta a quella dell’interlocutrice, finge di sostenere la sua e di preoccuparsi per lei. L’idea di fondo è che verrà preso maggiormente sul serio se riesce a convincere qualcuno che è dalla sua stessa parte. Ovviamente, al concern troll non frega niente dell’interlocutrice, ma spera così di ottenere la sua attenzione.

Esempio: “Te lo sto dicendo solo perché sono preoccupato per la tua salute e mi sembra che questo post promuova l’obesità. Dovresti chiedere aiuto a uno specialista”.

Gish gallop

Il gish gallop consiste nel travolgere l’interlocutrice con una quantità infinita di informazioni, dati non contestualizzati, argomenti pretestuosi e false verità, che spesso hanno poco o niente a che fare con l’argomento principale della discussione. Il nome viene dal chimico creazionista Duane Gish, noto per affrontare i dibattiti con gli avversari in questo modo.

Esempio: quando si parla di violenza sulle donne, intervenire nella discussione citando decine di dati sulla violenza sugli uomini, senza fonte, e monopolizzare il dibattito su questo tema.

Gaslighting

Il gaslighting subentra dopo la risposta o la denuncia pubblica dell’interlocutrice al trolling. Con il gaslighting, il troll cerca di far dubitare la validità delle sue reazioni, ad esempio considerandole esagerate, oppure accusandola di essersela presa troppo.

Esempi: “Non volevo offendere, sei tu che hai interpretato male”; “Era solo una battuta”; “Non serve prendersela, stavamo tutti scherzando”.

Cosa fare quando si è vittime di gender trolling

Prima di intraprendere qualsiasi iniziativa è fondamentale valutare la situazione e ricordare sempre che non è tuo dovere rispondere a tutti. Ecco alcuni consigli prima di prendere una decisione:

  1. Studia il profilo di chi ti ha scritto. Molto probabilmente sarà un fake, per cui non avrà una foto profilo, pochi o zero follower e post, oppure avrà il profilo privato. Se il profilo è pubblico e sembra quello di una persona reale, dai un’occhiata a cosa posta di solito: valuta come si esprime e quali sono i suoi interessi. Vale la pena rispondere?
  2. La tua sicurezza viene prima di tutto! I gender troll sanno essere molto pericolosi. Possono diventare vendicativi e le conseguenze possono essere molto spiacevoli. Prima di decidere se rispondere, valuta bene la situazione e il grado di aggressività degli attacchi.
  3. Ti senti mentalmente pronta ad affrontare un troll? Discutere con un troll risucchierà le tue energie mentali e probabilmente non ti porterà a nessun risultato. La tua salute mentale viene prima dei capricci di un troll.
  4. Se vuoi affrontare un troll (ma anche se qualcuno ti sta solo prendendo di mira), prendi alcune precauzioni. I troll, specialmente quando fanno attacchi coordinati, tendono ad agire su più fronti contemporaneamente. Per tutelarti, chiudi i dm di Instagram, limita i commenti dei tuoi post o cambia la privacy se sei su Facebook, metti il profilo privato (anche solo temporaneamente). Un’altra cosa importante da fare è nascondere informazioni pubbliche (mail, telefono, eventuali indirizzi) e impostare l’autenticazione a due fattori su Facebook e Instagram.
  5. Ricorda sempre che il valore delle tue opinioni non è determinato dalla tua capacità di sostenere un dibattito impari. Non colpevolizzarti se non te la senti di rispondere a un troll: non sei tenuta a farlo, non lo devi a nessuno.

Prima opzione: don’t feed the trolls

Sei liberissima di non rispondere al gt. Se capiscono che non hanno generato alcuna reazione, i troll dopo un po’ si annoiano e se ne vanno. Questa è l’opzione migliore in caso di attacchi coordinati, che è difficile sostenere da sole. Puoi decidere semplicemente di ignorare i troll, oppure:

  • Cancellare i loro commenti;
  • Bloccarli o limitarli.

Ricorda che queste due ultime opzioni possono ritorcertisi contro, generando ancora più commenti (molto spesso, quando li hai bloccati, i troll tornano con un secondo profilo) per cui il mio consiglio è di continuare a monitorare la situazione per qualche ora o giorno, ripulendo il profilo finché non torna alla normalità. Puoi anche farti aiutare da una persona fidata se non riesci a gestire la situazione o se non hai tempo di farlo.

Se è facile riconoscere i troll più aggressivi e ignorarli, è molto più difficile farlo con quelli che si pongono in maniera gentile (come i debate me, i concern troll, i sealioner), che riescono a mimetizzarsi tra i commentatori. Quindi, prima di rispondere a ogni singolo commento, prenditi il tuo tempo per capire se la persona che l’ha scritto è genuinamente interessata a parlarne o se è solo un troll. Non farti ingannare dai modi gentili: anche se una persona non è esplicitamente violenta, il suo intento è quello di spazientirti, ferirti o farti perdere tempo. Il fatto che sia stato “educato” nel farlo, non significa che sei obbligata a rispondergli e a perderci tu. Ricorda che, in qualsiasi interazione, l’educazione non è un concessione, ma dovrebbe essere una premessa.

Seconda opzione: clapback!

Una seconda opzione, come ci insegna RuPaul è clapback, rispondere per le rime. Scrive Roxane Gay in proposito:

Se qualcuno mi pesta i piedi in modo irrispettoso, rispedisco al mittente quella mancanza di rispetto. Se oltrepassa il limite, glielo faccio sapere. […] So quanto sia inutile. So che a tutte queste persone che litigano con me non importa con quanta maestria io risponda. So che probabilmente gli starò dando quello che vogliono, l’attenzione che cercano e la conferma che mi hanno snervata. So che non riconosceranno mai quanto si sono comportati male. Che non si scuseranno. Dall’invischiarsi coi troll non può nascere niente di buono.
La verità è che mi fa sentire bene essere cattiva in questa maniera efficacemente contenuta. Mi fa stare bene difendermi perché questo accade quasi solo negli spazi online dove ho il tempo e il modo di pensare chiaramente e dire esattamente quello che voglio dire, quando lo voglio dire e come. Mi sembra necessario per sottolineare l’intensità, la costanza e la portata delle molestie con cui le donne nere queer hanno a che fare online. Mi sembra una cosa buona e giusta sentirmi supportata e vista ed essere applaudita per ciò che sono in grado di dare, oltre che ricevere.

Ma come si risponde a un troll, nella pratica. Ecco alcuni spunti:

  • Non rispondere nel merito. Al troll non interessa davvero la tua opinione. Puoi essere la più brava argomentatrice del mondo, ma non otterrai nulla se il troll vuole solo trollare. Prova a rispondere con qualcosa che non c’entra niente con il tema della discussione.
  • Chiedi fonti, dati, statistiche, argomentazioni di ciò che viene detto. Questa tecnica funziona soprattutto con quei commenti che utilizzano espressioni diffuse generate dall’ignoranza su un determinato argomento. Così avrai l’occasione di dimostrare la tua preparazione e trasformare un attacco in un’occasione di arricchimento.

Esempio: “Basta con questo femminismo ideologico”
“Scusami, potresti farmi un esempio di cosa intendi per ‘ideologico’? La tua è una visione Althusseriana o ti ispiri più a Gramsci?”

  • Sii estremamente gentile. Una gentilezza smisurata farà risaltare ancora di più l’aggressività di certi commenti. Ed è anche molto divertente.

Esempio: “Simp”
“Ciao, Marco. Mi dispiace molto che la tua insicurezza nei riguardi del ruolo di genere maschile che ti trovi a ricoprire faccia sì che tu debba sfogare le tue frustrazioni con perfetti sconosciuti online. Perché non provi a contattare un’associazione di autocoscienza maschile?”

  • Usa l’ironia. Questo è il mezzo perfetto per rispondere ai troll. Usa dei meme, dei copypasta, delle battute idiote. Avrai la soddisfazione della risposta, ma anche quella di aver rispettato la regola “don’t feed the troll”.

Cosa fare sempre:

  1. Non rispondere di getto: L’impulsività gioca brutti scherzi. Non fa pensare lucidamente e potrebbe portati a scrivere cose di cui potresti pentirti in futuro. Conta sempre fino a 10.
  2. Segnala il post all’assistenza: Male che vada, il post non verrà rimosso.
  3. Non trasformare un attacco in una shitstorm verso chi ti ha attaccato: Anche se la tentazione di “ripagare con la stessa moneta” chi ti ha fatto del male è forte, le shitstorm generano solo 💩. Molto spesso, finiranno con l’infilarti in situazioni ancora più spiacevoli di quella che hai vissuto. Il mio consiglio è di tenerti per te gli attacchi, oppure di chiedere aiuto solo a poche persone di cui ti fidi, o ancora di chiedere supporto al tuo pubblico senza coinvolgerlo direttamente nella discussione, ad esempio inviandoti parole di incoraggiamento o foto di animali carini, che funzionano sempre. Cerca di costruire una community basata sul rispetto e un ambiente sano in cui non si ripetono dinamiche tossiche.
  4. Ricorda le parole di Anna Tatangelo:

Bibliografia:

F. Anelli, “Discutere con un troll non è argomentare, è essere bullizzati. Dobbiamo poterci difendere”, The Vision, 15 luglio 2020.

European Institute for Gender Equality, Cyberbullying restricts young women’s voices online, 11 ottobre 2018.

International Center for Research on Women, Technology-facilitated Gender-based Violence https://www.icrw.org/issues/tech-gbv/

R. Gay, “The Pleasure of Clapping Back”, Gay Mag, 26 giugno 2019.

M. Klee, “Why We Can’t Escape the “Debate Me Troll”, MEL Magazine, 2019

K. Mantilla, “Gendertrolling: Misogyny Adapts to New Media.” Feminist Studies, vol. 39, n. 2, 2013, pp. 563–570.

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